Vedere i segni. Chi non ne ha bisogno? In fondo chi ha mai visto Dio? Non siamo vissuti ai tempi di Gesù e per noi, ora, si tratta di una fede che rompe le logiche della razionalità. Quante volte ci sentiamo dire di credere a Qualcuno che non si vede e che spesso concede la debolezza, la fatica, il dolore! E allora dove sono i suoi segni? Sono questi? Così è facile scivolare nella trappola del ricatto: “Io Signore mi impegno, mi fido, ma fammi vedere un tuo segno!”. Se poi non arriva, ecco la profezia che si autoavverà di un Dio disinteressato, quasi cattivo, oppure di un Dio che non esiste!
Questo tempo di Quaresima ci sta interrogando molto su cosa significa per noi avere bisogno di segni. Da quando siamo diventati genitori i momenti di gioia e tenerezza si sono moltiplicati, ma saremmo ipocriti nel nascondere che anche quelli di fatica sono aumentati. A volte si tratta di fatica nell’intessere nuove trame nelle relazioni che l’essere famiglia ci chiama a vivere a partire dalle nostre quattro mura; altre volte, invece, si tratta della fatica dell’affidarsi di fronte a un problema di salute dei nostri figli o di fronte alla necessità concreta di una casa più grande che sembra non arrivare mai. E allora eccoci alla ricerca di segni, come fossero amuleti a cui appendersi di fronte alla fatica, alla paura o alla frustrazione. Amuleti che intrappolano il Signore dentro la gabbia del nostro ricatto: “io mi fido ma voglio che tu faccia quello che ti chiedo; io faccio questo ma poi pretendo che tu esaudisca il mio bisogno”.
Si tratta di un atteggiamento guardingo di chi si tiene qualche cartuccia in canna giusto per sicurezza, come a dire “si mi fido, però un piede lo tengo comunque dalla mia parte, nella zona comfort delle mie certezze che poi si rivelano armi con cui difendermi“.
Da sposi ci sentiamo interrogati da questo: una relazione che non espone alla vulnerabilità, che non lascia carta bianca all’Amore che ne può scaturire, che tipo di relazione è? Forse una relazione che assomiglia più a un “mercanteggiare”, per riprendere l’espressione usata da Gesù. Come può il Signore scrivere in un racconto in cui noi abbiamo già stabilito il finale? E allora dove sono questi segni? Il problema di salute della nostra bimba non è sparito alla nascita, la casa con una stanza in più per fare dormire i nostri figli in una camera che non sia la nostra non è ancora arrivata.
In questo tempo di Quaresima sentiamo che, rimanendo in ascolto della Parola di questa domenica, possiamo mollare quella ricerca di segni come fossero amuleti delle nostre scelte e del nostro cammino, per lasciare spazio a quella vulnerabilità, a quella precarietà dove il Signore desidera farsi presente con la sua promessa di Amore. In questo affidarci a Lui possiamo veramente purificare gli occhi e il cuore e accorgerci che Dio si fa presente nelle pieghe della nostra quotidianità con segni chiari, più di quanto possiamo credere, con segni che parlano di cura e di relazione. Con segni che ci rimettono in cammino verso una vita che ha il sapore di comunione e di pienezza. E allora, come direbbe Niccolò Fabi, “Vince chi molla!”
Elisa e Thomas
Per scaricare il testo, clicca sul link in basso