Scendeva dalla soglia d’uno di quegli usci…
“Scendeva dalla soglia d’uno di quegli usci, e veniva verso il convoglio, una donna, il cui aspetto annunziava una giovinezza avanzata, ma non trascorsa… La sua andatura era affaticata, ma non cascante; gli occhi non davan lacrime, ma portavan segno d’averne sparse tante… Portava essa in collo una bambina di forse nove anni, morta; ma tutta bene accomodata, co’ capelli divisi sulla fronte, con un vestito bianchissimo, come se quelle mani l’avessero adornata per una festa promessa da tanto tempo, e data per premio. Né la teneva a giacere, ma sorretta, a sedere su un braccio, col petto appoggiato al petto, come se fosse stata viva”. (A. Manzoni)
È ormai sera, la trasmissione del Telegiornale è terminata e il televisore spento. Dopo un breve intrattenimento con la comunità, lascio la sala per ritirarmi nella mia stanza. Custodisco in cuore alcune immagini della guerra della “Striscia di Gaza”, che ho visto scorrere sul video: immagini cariche di dolore, crude ma al tempo stesso fortemente coinvolgenti.
Nel dialogo della preghiera, affido a Dio, che è Padre e Madre, quanto ho appena visto e invoco la Sua consolazione sulla straziante vicenda di tante mamme che portano in collo un bimbo come se fosse vivo… Ripenso alla consegna del 30° Capitolo generale del nostro Istituto: “Nella Chiesa, come seconde madri, manifestiamo il dono della vita nuova”, e nell’eredità carismatica del Beato Luca Passi colgo un seme di speranza nel solco di questo doloroso conflitto: là dove vive una madre, anche la morte più crudele trova un grembo accogliente.
Rifletto… e continuo la mia preghiera di intercessione. Le mie forze non mi permettono gesti o interventi che tutti vorremmo poter fare, ma il mio essere donna, sorella, dorotea mi impedisce di vivere come una spettatrice inerte, insensibilmente estranea a tanti scenari di morte.
“Fate con loro l’ufficio di seconde madri”. Prima di addormentarmi, evoco il Testamento del Beato Luca Passi, contemplo la figura composta e dignitosa della madre di Cecilia e, con rinnovata consapevolezza, attingo al dono della maternità spirituale che non è a misura di anni.
Le strazianti immagini dei media che danno volto a un universo assetato di giustizia e di amore mi dilatano l’anima. Ridico il mio grazie al Signore che mi ha fatto nascere donna e mi ha consacrata a Lui. La vocazione dorotea mi regala il gusto di una vita che mentre, inevitabilmente, sperimenta il peso del limite rimane in dialogo con l’umanità.
Lentamente, quasi come un mantra, ripeto un pensiero di Origene, letto proprio in questi giorni: “Le nostre preghiere sono padri e madri di ciò che accade nel mondo”. Nel silenzio della notte lascio che il cuore “accenda” la sua capacità di amare, in questo incerto e provato succedersi della storia.
Suor Assunta Tonini
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