“Dorotea disse che c’era sempre più bisogno di dieci, cento, mille madri
per tutte le giovinette ed anche i giovani ragazzi a cui ridare futuro.
Disse che bisognava farsi dono per loro,
diventare l’acqua di Dio per le loro terre aride e deserte”.
(da Passi con l’Opera… p. 39)
IL BUCO NELLA RETE
Roma anni ’90… Da qualche mese Tullio, il pastore, se n’è andato e davanti alla Casa generalizia di Via Conforti, c’è una distesa verde.
Ma fu per poco! Una mattina, infatti, un movimento insolito preannunciò qualcosa in arrivo e… il giorno dopo quella distesa divenne un accampamento dei Rom. Ci volle del tempo per comprendere. Ma poi, iniziarono i primi contatti, le prime conoscenze, i saluti. Mai avremmo pensato che quel Campo sarebbe stato un tassello della nostra missione dorotea, uno spazio vivo in cui esercitare, insieme “l’ufficio di seconde madri”.
Piano, piano la presenza dei Rom coinvolse quasi tutta la comunità. Suor Annalbina e Suor Luisa Maria erano le due figure di costante riferimento. Suor Annalbina era addetta alle varie emergenze: dalle candele quando la luce era saltata, al termometro per verificare se Mirko aveva la febbre, a un po’ di sale per la nonna che aveva scoperto di esserne a corto…
I bimbi del campo si contavano a decine… Il piccolo Antonio a un’ora, ormai fissa, suonava il campanello per prendere lo sciroppo che suor Teresa teneva a portata di mano. La Cy (così la piccola pronunciava il suo nome) si affacciava al cancello ogni mattina indossando una tunica tutta d’un pezzo: era la camicia azzurra del papà e le piaceva da matti. Sonia si affezionò in modo particolare e, quando era possibile, trascorreva alcune ore con noi e saliva nella stanza in cui lavoravo. La sua presenza era avvertita immediatamente da Madre Clotilde che non mancava di portarle una caramella o un succo.
Ma la sorpresa più bella fu la scoperta del “buco nella rete”. Suor Luisa Maria sapeva che quella gente aveva bisogno di acqua ed era altrettanto certa che nel nostro pozzo c’era una buona riserva. Così alle quattro del pomeriggio, quasi fosse un patto controfirmato, i ragazzi venivano ad attingere attraverso una lunga canna di gomma che suor Luisa Maria infilava nel buco della rete, da lei ritagliato con perfetta simmetria. L’acqua gorgogliava e le taniche traboccavano, come il riso chiassoso dei ragazzi, che andavano a gara a chi ne attingeva di più.
Il buco nella rete era la password per un contatto vivace con quei piccoli che ella conosceva uno per uno e che le volevano tanto bene. L’inconfondibile cadenza della parlata romagnola rendeva simpatici e incisivi i suoi consigli e persino le sue sgridate. Terminata l’opera mimetizzava la canna tra le foglie del frutteto.
Graditissimo fu l’invito al banchetto conviviale, allestito in fondo al campo per festeggiare la nascita di Micol. Accompagnai Suor Luisa Maria; Suor Annalbina preferì restare in casa. Fu una serata allegra… l’agnello arrostiva sul girarrosto e noi ci raccontavamo piccoli aneddoti di vita.
La mamma di Sonia ci seguiva da lontano e, prima che lasciassimo il campo, mi chiamò da parte e mi disse: “Vieni a trovare anche me nella mia tenda, perché quando entri, con te entra anche il tuo Dio” e, salutandomi, guardò l’anello che portavo al dito. Trattenendo a fatica la commozione la rassicurai. Ci andai una prima volta e altre ancora… e nacque tra noi una serena amicizia.
Inaspettatamente, un mattino, arrivò la polizia. Al mio rientro dal lavoro il campo era deserto. Rividi Sonia dopo due anni. Era cresciuta e si era fatta particolarmente bella. Sono venuta – mi disse, offrendomi una gerbera rosa – per portarti un fiore e i saluti della mamma e… con tono sommesso, aggiunse altre parole che custodisco in cuore.
Il sentirsi amata le aveva regalato uno squarcio di futuro!
Suor Assunta Tonini
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Come seconde madri #3: il buco nella rete