1919, 1929, 1939 … sono tanti gli anni
“e devo contarli a decine… 2019 e poi ancora 2
li conto con le dita e in tutto sono 101”.
(da: La lunga strada – Diario di Vittoria Trebeschi cfr.)
SONO TANTI GLI ANNI
e devo contarli a decine
Quella sera eravamo attorno al tavolo della sala comunitaria. Le altre suore si erano già ritirate nelle loro stanze e il discorso cadde sugli anni trascorsi accanto alle nostre mamme, nel momento faticoso della vecchiaia e del declino. Parlammo tra noi, non prive di commozione: in quell’esperienza avevamo toccato con mano l’eredità inesauribile che una madre lascia ai suoi figli, alle sue figlie.
Il giorno dopo, mentre pensavo a un possibile contenuto per questo nuovo articolo riandai a quella conversazione e ne fui ispirata. Non volevo fare preferenze scegliendo un nome piuttosto che un altro, mi lasciai perciò suggestionare da alcuni fatti e/o aneddoti che avevo toccato con mano. Provo a mettere nero su bianco, quasi in punta di piedi!
Maria di figli ne aveva otto, ma quando un bimbo o una bimba del paese aveva bisogno di accoglienza, che fosse temporanea o prolungata, il parroco sapeva a quale porta bussare, e la risposta era sempre la stessa: un posto lo troviamo senz’altro. Un “bimbo” in più non fa problema, anzi… Era vero, ma è altrettanto vero che fa la differenza.
Così fa la differenza massaggiare il corpo dolorante di una sorella anziana e ammalata con lo stesso amore con cui fasciavi il ginocchio sbucciato di un bimbo della Scuola dell’Infanzia; alleviare una sofferenza, curare i piedi affaticati…
Dopo quel servizio hai un posto particolare nella sua preghiera. E quando esci dalla stanza in cui sei stata accolta, ti senti anche dire grazie. La generosità non si improvvisa è un’eredità che cresce con te.
Lucia viaggiava spesso con una valigia semi vuota. Le bastava avere un piccolo pacchetto da portare a Brescia… Salutava la figlia e quel saluto, che qualche volta durava poco più d’un istante, le bastava per riempire di sole la sua giornata. E insieme a qualcosa che poteva servire, c’era sempre una sorpresa, con destinazione libera.
Lei la valigia la prepara sempre all’ultimo minuto, ma non dimentica di metterci un piccolo dono. Lo incarterà all’arrivo, ma c’è. Così, lo zio sarà contento, gli amici dei suoi amici si sentiranno ricordati, una “sorella” godrà per un regalo inatteso. La gratuità fa la differenza, scalda il cuore e i legami dell’amicizia si prolungano nel tempo.
Sul balcone di Anna sembrava di toccare il mare, l’infinito, l’intensità dell’azzurro. Ci si arrivava in salita alla sua casa… lei quella strada, la percorreva tutti i giorni, ora con un nipotino, ora con un altro. Li portava con sé alla Messa o al Rosario e chinandosi su di loro, abbozzava il segno della croce, sussurrava una preghiera spontanea… sminuzzava la sua catechesi esperienziale. Poi, lentamente, riprendeva la via del ritorno.
Quella balconata mi richiama una piccola storia. Vi si parla di un bambino, Diego, che viaggia verso il sud con il padre per vedere per la prima volta il mare. Quando, dopo molto andare, arrivano alla spiaggia, il mare è là, davanti ai suoi occhi. Era un azzurro e un’immensità ininterrotta senza parole. E il figlio, stringendosi al padre, gli chiese sottovoce: «Aiutami a guardare».
L’essere seconde madri è una consegna e un’eredità carismatica, ma porta in sé anche il DNA del nostro essere figlie di chi ci ha generate e cresciute con uno stile, che in noi si è fatto “carne”, vocazione, memoria.
Gli anni sono tanti, li dobbiamo contare a decine, ma l’eredità di una madre non conosce usura. Con lo scorrere del tempo, si fa Icona. Ci aiuta a “guardare”.
Suor Assunta Tonini
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