La scena descrive in forme e colore l’entrata di Gesù a Gerusalemme, è il mosaico che si trova nella cappella palatina a Palermo. Vediamo i discepoli dietro a Gesù, che cavalca l’asino, di fronte a Lui alle porte di Gerusalemme gli abitanti della città e in basso coloro che stendono i loro mantelli e agitano i rami d’ulivo.
Questo episodio che gli evangelisti pongono all’inizio dell’ultima settimana di Gesù, ci aiuta a comprendere la sua vita, la sua identità di Figlio inviato e obbediente al Padre. Ci aiuta anche a deporre l’uomo vecchio e tutto ciò che ci imprigiona per incontrare la Vita che il Padre ci dona.
Gesù viene a noi con l’asino, l’animale del servizio quotidiano, che porta il peso degli altri, un animale molto utile. Così il Regno di Dio avanza con un Re mite e umile. Gesù entra nella Città Santa, su una cavalcatura che sa portare carichi pesanti… i pesi di tutti, anche i nostri pesi sono posti su questo animale.
È un asino che è stato slegato e ci indica la missione stessa di Gesù, venuto a slegare la nostra capacità di amare e di servire. Dall’eternità Dio attende di incontrarci non più come schiavi, ma come figli liberi. Attende un asino libero, sciolto dai legami della schiavitù del peccato e della morte.
“Gettarono sopra i loro mantelli … li stendevano sulla strada insieme a delle fronde tagliate nei campi”. Con gli abitanti di Gerusalemme anche noi deponiamo le nostre sicurezze, le abbandoniamo ai piedi di Gesù in segno di adesione a Colui che viene nell’umiltà e ci dona la Sua Vita.
Quei mantelli saranno investiti in un servizio di amore totale: Gesù, Figlio di Davide, ora seduto come in una sorta di intronizzazione, salirà presto su un altro trono: la Croce. Lui sarà spogliato delle sue vesti perché così ci donerà la veste nuova, l’abito dei figli amati.
Stendiamo davanti al re umile e povero che avanza i nostri mantelli, gettiamoli ai suoi piedi, perché il nostro gesto annuncia la novità che Lui è venuto a donarci. In lui saremo immersi nell’amore e rivestiti della Sua stessa Vita.
«A un Dio umile non ci si abitua mai» (papa Francesco).