Continuando sulla strada di Dorotea, passiamo dalla Pedemontana veneta alla città Partenopea e precisamente a Caivano per raccontarvi la storia di una donna che quotidianamente combatte la buona battaglia trascinando al bene tanti adolescenti.
Caivano, comune della città metropolitana di Napoli, periferia esistenziale della città del sole. Un tempo nota per i campi da cui si producevano prodotti della terra di qualità. Oggi nota per essere una delle più grandi speculazioni edilizie del Meridione. A Caivano si trova il rione Parco Verde. Si potrebbe pensare che il verde sia quello di aiuole e giardini, ma non è così. È il verde dei palazzi sbiaditi che sorgono uno dopo l’altro, è il verde di quel cemento che ha spodestato i campi arati d’un tempo. Nella quotidianità che si consuma sotto gli ampi cortili dell’imponente e famigerato quartiere, le attività più diffuse sono narcotraffico, spaccio, prostituzione, scippi e rapine. Piazze, queste, dove la carriera criminale si inizia già in tenera età e si registra il tasso di dispersione scolastica tra i più alti del nostro Paese.
Ed è in questa fisionomia monocolore che si trova anche “la scuola peggiore d’Italia”. Il 2007 è un anno che segna un cambiamento: a dirigere la scuola sarà Eugenia Carfora, conosciuta come la preside coraggio. Al suo arrivo, trova un complesso scolastico quasi distrutto e in completo degrado. Tutto ciò non la demoralizza, la nuova dirigente si mette sotto con una missione particolare da compiere, come lei stessa ha dichiarato durante un’intervista: recuperare i ragazzi, dargli una speranza di un futuro diverso. La scuola si deve adeguare a questo contesto. Il disagio di questo quartiere non lo possiamo affrontare con l’italiano e la matematica solamente. Bisogna dare risposte di altro tipo. Così la “scuola peggiore d’Italia”, oggi, è la scuola simbolo della legalità.
Eugenia, ogni mattina, prima del suono della campanella bussa alle porte delle case per trascinare i ragazzi a scuola, offrendo loro la possibilità di sperimentare un modo diverso di stare al mondo. La preside, che vive il suo lavoro come una chiamata a sporcarsi le mani e a farsi carico di questi “piccoli”, conosce la storia personale dei suoi 850 alunni. Col tempo ha intessuto relazioni anche con le mamme. «A molti non va a genio la preside perché è un tipo tosto – dicono alcune mamme nel quartiere -. Noi sappiamo solo che senza la sua determinazione i nostri figli a quest’ora starebbero in mezzo alla strada».
In questa scuola dove docenti e personale ATA si rifiutano di andare, Eugenia semina bellezza e cultura. Con perseveranza e pazienza, ha reso le aule colorate, belle e attraenti. Dalla vita concreta trae insegnamenti per i suoi ragazzi e per tutte le persone che, in modo diverso, le sono affidate. Nel prendersi cura fa in modo che l’azione diventi educazione: al parco verde io vado ad apprendere non ad insegnare perché a scuola bisogna ascoltare, rivisitarsi e non mettersi davanti ma a fianco e sicuramente i territori possono essere contaminati.
Eugenia Carfora sceglie ogni giorno di seminare bellezza, di promuovere la cultura della formazione e della cura, di restituire dignità e legalità al territorio, di rimanere per testimoniare che il cambiamento è possibile anche in luoghi come Caivano. Sono scelte quotidiane fatte secondo il Regno di Dio, quel Regno che è in mezzo a noi e che ha un volto, quello di Gesù Cristo. Proprio come ha fatto Dorotea.
Seguendo il link, si può ascoltare una delle sue testimonianze.