Una vita consegnata liberamente e per amore

Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita” (Gv 13,3-4). Così Giovanni inizia a narrare il gesto che Gesù compie durante la cena condivisa con i discepoli, alla vigilia della sua morte. Depose le sue vesti

 

Nella scena della croce i soldati prenderanno le vesti di Gesù, tirandole a sorte. Quando racconta questo episodio, Giovanni nel suo Vangelo usa il verbo: “lambano”, che in greco significa “accogliere”. I soldati, quindi, accolgono quelle vesti che Gesù aveva già deposto la sera dell’ultima cena, simbolo della consegna della sua vita. Il nostro Signore si spoglia ed è spogliato: Lui che ha tutto si lascia privare di tutto. Ma quella umiliazione è la via della redenzione. È il gesto del servo che si dona per Amore. E di questo, del suo essere servo, ha fatto il titolo più significativo della sua vita.

 

L’evangelista Marco racconta di una grande sala già preparata, che si trova al piano superiore, (cfr Mc 14,12-16). Una sala preparata perché l’offerta d’amore non si improvvisa, si prepara. In quella sala Gesù porta a compimento la sua consegna al Padre: si offre in cibo e lava i piedi ai suoi amici con la tenerezza di una madre.

 

Credo che il dono di grazia più grande sia di riconoscere nel gesto di Gesù la Sua consegna obbediente al Padre per amore di ogni uomo e di ogni donna. Un gesto che ha a che fare con la nostra vita. Lui l’ha detto quella sera ai suoi e lo ripete a noi in ogni Eucarestia: “Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi” (Gv 13,15).

 

È un invito a curvarci gli uni verso gli altri per farci dono e, allo stesso tempo, ricevere il dono che l’altro ci fa di se stesso. È la chiamata a non trattenere l’amore che ci è donato e a trovare strade per portarlo tra i fratelli: “Lavare i piedi”, ottavo sacramento. “Essere servi” come Gesù è stato “servo”. (A. Casati)

 

Il cuore di Gesù intuisce che l’amore può e deve andare fino in fondo. Lui sa che Giuda l’avrebbe tradito, ma si mette in ginocchio anche davanti alla vita e al tradimento dell’Amico Giuda. Giuda si allontana, ma l’Amore e la Misericordia di Cristo lo raggiungeranno, come hanno raggiunto e toccato il cuore del ladrone e di molti peccatori, fedele alla Sua Parola: Andate a imparare che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori». (Mt 9,13

 

Risuonano significative le parole di Etty Hillesum, giovane donna morta in campo di concentramento, luogo dove ha maturato una relazione profonda con il Mistero dell’Amore di Dio per l’umanità affamata di Amore: “Ho spezzato il mio corpo come fosse pane e l’ho distribuito agli uomini, perché no? Erano così affamati, e da tanto tempo”. (Dio matura pag. 196)

 

Attingiamo alle sue parole anche l’augurio che ci facciamo per celebrare e accogliere nel nostro cuore l’Amore del giovedì santo: Cosa potremmo dire allora alla luna pasquale che risplende nel suo pieno fulgore se non che è tempo di donarci, è tempo di spezzarci, è tempo di amare. (Etty Hillesum, Dio matura, pp. 199/200)

 

suor Liliana Morbi

 

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