Brescia: ricominciare sempre

Giorni di bilancio, di verifica, di domande, di ripensamento… ”Ad quid?”. Vale la pena? Quando il lavoro diventa logorante è meglio interrompere… non per stare a guardare, ma per individuare lo “spillo che ha bucato il palloncino” per non ritrovarci sgonfiati, delusi, quasi appiattiti di fronte al futuro.

 

Sono bastate alcune testimonianze, un messaggio WhatsApp, e un libricino dal titolo molto stimolante “Cento Ripartenze” per ritrovare l’aria che dava forma al nostro fare e riflettere sulla nostra finitezza e sulle nostre attese, non sempre in linea con le possibilità nostre e dei ragazzi. Quasi per deformazione professionale o per bisogno di adeguarci al clima pesante che si respira nelle istituzioni, noi adulti ci eravamo come afflosciati… Il virus dello stress era evidente.

 

Le testimonianze. Due ragazze universitarie coinvolte nell’esperienza, anche se parzialmente: hanno percepito una crescita personale, si sono sentite gratificate da un sorriso, dal racconto “grintoso” delle loro storie e dalla gioia che ha riempito il loro cuore. Attraverso un libro di inglese e un esercizio di matematica hanno portato a termine la “mission” assunta senza la pretesa di voler cambiare i ragazzi. E hanno lasciato in loro la nostalgia di un incontro.

 

Il messaggio WhatsApp: un ragazzo di terza media, latino-americano, introverso, timido, fragile, non molto integrato nella classe e nel gruppo; dopo l’ultimo incontro di saluto ha scritto: “ Volevo ringraziarti per tutta la disponibilità che ci hai sempre offerto; è comprensibile il tuo stress quando ci aiutavi perché, sai, aiutare tantissime persone nei compiti non è facile, ti ringrazio ancora per avermi sempre aiutato e per la tesina; passerò questo esame per te, ma soprattutto anche per me, addio!”

 

Ha colto la limitatezza, l’ha chiamata “stress”, ma giustifica, anzi, ringrazia. Forse non ha percepito in modo cosciente che noi adulti avevamo abbassato la motivazione, che eravamo esigenti e non trasmettevamo il desiderio di condividere i loro pesi. Il messaggio conferma che nulla è sterile di quanto si fa e che nel lavoro educativo si può sempre ricominciare costruendo un pezzo di mondo più bello e più umano.

 

Ha suonato il campanello dopo essersi accertata che non avrebbe disturbato… Era un’insegnante della vicina scuola media statale. Quasi commossa e timorosa, ha sbirciato la libreria per accertarsi che il suo dono non fosse tra le pubblicazioni. Un minuscolo pacchetto, formato regalo, confezionato, accompagnato da un biglietto: “Semplicemente grazie per quanto fate”. “Cento ripartenze”: quando la vita ricomincia” di G. Paolucci – Itaca. Si può sbagliare, fallire, essere stressati, ma non si può chiudersi a riccio, la vita non è una linea retta, è fatta di tentativi…Se fallisce un’iniziativa  non fallisce chi l’ha proposta. Ricomincia, riparti. Una vecchia canzone di De Gregori diceva che “non bisogna aver paura a tirare il calcio di rigore”.

 

Da tutto questo abbiamo capito che le ore passate con i ragazzi non sono inutili, ma sono un’occasione per costruire e per-donare quanto a noi è stato donato. Spesso valutare alla luce dell’obiettivo prefissato compromette l’esito e rallenta la scoperta di nuove energie e di nuove strade. La grande tentazione è concepirsi soli o pensare che educa solo chi pensa di essere all’altezza, dimenticando che è il tempo che si dà “alla rosa” che la farà crescere.

 

(riflessione elaborata da due volontarie adulte e condivisa con il Direttivo dell’associazione “Averoldi”)

 

Per saperne di più…

 

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