Come seconde madri #6

“Quando il cielo baciò la terra nacque Maria.
Che vuol dire la semplice,
la buona, la colma di grazia”.

(da: Magnificat. Un incontro con Maria)

 

 

CHE VUOL DIRE LA SEMPLICE, LA BUONA…

 

È da poco trascorso il mese di maggio. Penso ai numerosi Santuari sparsi in tutte le regioni d’Italia e mi è facile fermare lo sguardo su un Santuario che lei, Suor Fortunata, “contemplava” ogni giorno dalla finestra della sua stanza, mentre sussurrava sommessamente l’Ave Maria. Il susseguirsi dei grani della corona tra le dita dava alla preghiera un ritmo tranquillo.

 

In quella preghiera eri presente anche tu, e i piccoli o grandi eventi che con lei avevi condiviso. “Come sta la mamma?” Era la domanda che mi poneva ad ogni incontro e, con un gesto affettuoso, mi assicurava la sua vicinanza.

 

La vedo, come fosse ieri, con un lembo del grembiule annodato alla vita, il sorriso sulle labbra e lo sguardo sereno. Quando la incontravi il suo saluto ti faceva bene e la sua discrezione sollecitava la confidenza. Dopo uno scambio, a volte breve, altre volte più dialogato, riprendeva i suoi impegni abituali.

 

Il grembiule era il suo secondo abito, le si addiceva, perché esprimeva il desiderio di collaborare nei servizi della casa. Spesso, la sentivi anche canticchiare e quelle note, appena percepibili, erano un’eco della gioia interiore che l’abitava.

 

Ogni giorno Suor Fortunata scendeva i gradini dietro la casa di Bovegno, a volte sola, a volte accompagnata dalla Superiora o da qualche consorella, e con lo sguardo rivolto alla Madonna della Misericordia riprendeva la sua interminabile litania. Nel suo cuore di madre erano incise tante storie di vita, affidate a Maria.

 

Fortunata era il nome che le era stato dato dall’Istituto, un nome contagioso: eri tu infatti che ti sentivi tale, quando dopo averla salutata, scendevi lo scalone della Casa di preghiera di Bovegno, certa che nel suo cuore di madre c’era uno spazio anche per te.

 

La sua capacità di custodire un segreto, l’intelligenza intuitiva, la fermezza del suo carattere… ti donavano sicurezza e, se appena ti era dato di trascorrere un po’ di tempo con lei, gustavi la dolcezza della sua maternità profondamente umana.

 

“… Che vuol dire la semplice, la buona, la colma di grazia”. Mi piace associare alle parole dedicate alla Vergine, l’immagine di questa sorella che, dalla devozione a Maria, ha attinto la genuinità della fede e il contagio della carità, fatta di concretezza e di tanta attenzione.

 

La porta della casa era per lei una porta aperta sul mondo: sulla vastità della Chiesa e sullo spazio familiare della parrocchia, sul cammino dell’umanità e sui passi riconoscibili dei vicini, dei piccoli e delle persone che la visitavano… e sentivano il desiderio di ritornare ancora.

 

“… Fate loro l’ufficio di seconde madri!” La consegna del Beato Luca non era per lei solo un imperativo pieno di vigore, ma  un tratto incancellabile della sua vocazione dorotea.

 

Suor Fortunata che tutti metteva sotto lo sguardo di Maria, andò incontro al Signore in quell’angolo della casa, dal quale, ogni giorno, contemplava il Santuario della Valle. Uno spazio verde e un orizzonte immenso: così mi piace pensare il suo cuore di madre.

Suor Assunta Tonini

 

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Come seconde madri #6

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