Si prostrarono e lo adorarono
La celebrazione dell’Epifania porta a compimento l’annuncio di redenzione e di rinnovamento che è risuonato a Betlemme. Il Creatore dell’universo è arrivato quaggiù nascostamente. Nell’oscurità e nel silenzio si è rivelato a una piccola cerchia di uomini senza prestigio, senza fama, senza risonanza. In tal modo ci ha fatto conoscere le sue preferenze. Le preferenze di Dio sono per i piccoli, i semplici, gli umili. Isaia preannuncia la venuta di Cristo come un fulgore salvifico che vince le tenebre del mondo e disperde la fitta nebbia che avvolge le nazioni” (Is 60,2). Nell’annuncio c’è un misto di privato e di universale: ai pochi pastori, convocati dall’angelo a rendere omaggio al discendente di Davide, succedono i pittoreschi cortei dei Magi, che giungono da paesi lontani ed estranei, uno spettacolo che meraviglia e agita la città di Gerusalemme. L’evento diventa pubblico, interpella sacerdoti e teologi, suscita pesino l’interesse del re di Giudea.
La paura di essere spodestati
In Erode possiamo essere raffigurati almeno un poco anche noi, quando ci prende l’assurda paura di Colui che ci viene a salvare. È la paura che il Signore, essendo il re dell’universo e l’artefice di ogni giustizia, ci spodesti nelle nostre pretese di decidere noi, secondo il nostro piacere e il nostro interesse, che cosa sia buono e che cosa sia cattivo. È la paura di non essere più i padroni di noi stessi e i giudici insindacabili delle nostre azioni.
L’abilità di camminare verso l’ignoto
I Magi si incamminano verso l’ignoto, guardando in alto, ma a volte, come capita a noi, si smarriscono, ciò che non si smarrisce è il desiderio di incontrare il Bambino. Il loro viaggio è silenzioso, sobrio, fedele. E quando arrivano alla grotta, contemplano nel silenzio. Guardano, adorano, si inginocchiano, offrono ciò che hanno, ciò che reputano più prezioso. Sono una splendida dimostrazione che si può attingere la ricchezza salvifica, anche partendo da posizioni culturalmente e religiosamente molto lontane. Erode e i sacerdoti sono un malinconico esempio di come possa andare fallita la conquista della verità che riscatta e rinnova, da parte di quelli che sembrano più vicini e favoriti. I Magi non si perdono nel compiacimento della piccola luce della loro scienza astronomica; ne fanno piuttosto la premessa e l’invito per diventare pellegrini verso la grande Luce che illumina ogni cuore d’uomo. Adorano un bambino tra le braccia della madre, in silenzio. Quell’incontro vissuto nella contemplazione, cambia la strada del ritorno, perché nella loro vita alla saggezza, si è aggiunta la fede che li rende capaci di sostenere ogni confronto, ogni terrena regalità.
La capacità di arrivare fino in fondo
Non si lasciano deludere e deprimere dall’umiltà di quello che vedono. Non si meravigliano e non si turbano: sanno che le vie del Signore e le sue valutazioni, non corrispondono a quelle del mondo. Credono, si prostrano, offrono i loro doni e si sentono pervasi da una letizia e da una pace senza confronti. Tutti in Cristo Gesù siamo chiamati a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo, a partecipare alla stessa promessa” (Ef 3,6)
- Immagine di copertina di Mike Moyers
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